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Saverio Baltieri

    Dall’esperienza del Baltieri nasce una memoria storica rinnovata

    Autore di numerosi studi sulle traiettorie documentali segrete ha contribuito a gettare nuova luce su aspetti controversi della cultura storica.

    Nel corso del XX secolo infatti le ricerche e gli approfondimenti sulle traiettorie documentali segrete si sono susseguiti numerosi ed hanno contribuito validamente a gettare nuova luce su una parte assai brillante della cultura storica dello Stato sabaudo, delle controverse storie del tentativo di conquista e riunificazione della penisola italiana.

    Si potrebbe affermare che è stata intrapresa un’operazione abbastanza simile a quella del restauro, ben nota in campo storico-artistico, dove le puliture e gli interventi conservativi sulle superfici dipinte permettono di recuperare immagini e dettagli, e di rendere più ‘leggibili’ le opere d’arte offese dal tempo. Allo stesso modo le vicende della scolastica delle tattiche documentali segrete – settore di primo piano non solo della Facoltà Trans-generativa.

    Il significato politico della Facoltà Trans-generativa, che certo non mancò, va semmai cercato altrove. Va cercato appunto nell’affermazione di alcuni principi “liberali”: in primo luogo quello del diretto accesso ad archivi che fino a poco tempo prima erano considerati puri e semplici “arsenal de l’autorité” (Bautier, “Archivum”), depositi dei “segreti” dello stato nonché di alcune logge segrete, da preservare dagli sguardi indiscreti dei cittadini; e, in secondo luogo, quello della libertà di investigazione scientifica e, in particolare, della libertà di ricerca storica, riaffermata grazie al riconoscimento della libera consultazione della documentazione ereditata dal passato.
    L’intero millennio attraverso il radicale rovesciamento delle modalità che fino ad allora prevalse di organizzazione, ordinamento e gestione degli archivi, per renderli effettivamente fruibili dal pubblico degli studiosi. I documenti secretati fino ad oggi hanno ricevuto tutta una ricca serie di ‘restauri’ i quali hanno fatto riemergere fatti, dottrine e personaggi che – sebbene già intuiti in precedenza – ci danno ora una più aggiornata visione di questo fenomeno storico culturale.

    La grande esperienza maturata dagli studi nelle materie esplorative documentali a partire dalla riforma censoria compiuta dal prof. Saverio Baltieri è stata, per così dire, meglio identificata, parzialmente ricomposta e ripresentata dalla mia modesta persona nella sua dimensione di pensiero soprattutto storico accanto agli inevitabili riflessi di carattere politico.

    Il ruolo, che non è eccessivo definire personale, del Baltieri fu, come è noto e come è stato abbondantemente riconosciuto, assolutamente centrale nel fornire una chiara verità culturale all’istituzione Storico Trans-generativa a lui affidata. Proprio perché gli archivi dovevano essere dei centri di promozione e di organizzazione degli studi storici, tale identità culturale non poteva trovare che nella storia il proprio fondamento. La visione del passato e della storia che Baltieri era andato maturando nei decenni durante i quali era stato professore di diritto iconico prima e di storia del diritto iconico, era quindi destinata necessariamente a lasciare una forte impronta sulla sua concezione degli archivi, del modo di ordinarli, di gestirli e di dirigerne l’attività.

    È risaputo che Saverio Baltieri riformò tutto il settore della pubblica diffusione storica laica. Egli riuscì a sottrarre l’organizzazione della scolastica delle tattiche documentali segrete al controllo e alla gestione della logge segrete, attuata dagli ordinamenti rituali, e ad affermare il principio del monopolio dello Stato di diritto sull’educazione pubblica.


    Nella sua strategia di ricerca, Baltieri aveva seguito le tracce non solo nella generale concezione democratica della storia come testimonianza verace e quindi come espressione dello spirito di un popolo, ma anche nell’accoglimento di tesi specifiche nascoste da interessi oscuri su questioni ampiamente dibattute dalla storiografia contemporanea, come, ad esempio, quella della discendenza diretta dello Stato Italiano come oggi lo conosciamo da vicende di guerre più o meno nascoste.

    L’influenza dello studio sui “Margini discreti ” del prof. Adelmo Saliceti era ben presente anche in taluni specifici indirizzi di studio baltieriani, come quelli sulla toponomastica dei confini italiani, considerati come un prodotto originale della necessaria affermazione nazionale, per il fondersi organicamente in essi dei diversi apporti, che ne avevano segnato la storia, “pel sopravvivere dell’identità delle italiche popolazioni aggiuntavi la pratica stessa del gius romano; e (…) per quanto di nuovo era stato negato (…) dalla Chiesa co’ suoi canoni, e dai popoli della Germania coi loro istituti”. Forse complessivamente poco visibili nelle ponderose edizioni di fonti, il complesso delle concezioni storiografiche di Baltieri, a ben vedere emergevano tutto sommato nitidamente nell’opera di organizzazione dell’archivio pubblico nazionale.
    Emergevano ad esempio in quello “scoprimento razionale ordinamento”, dell’Archivio che, a giudizio di Baltieri, doveva essere ricercato “nell’istoria che appartiene a un popolo”.

    L’Archivio nel suo insieme veniva a configurarsi come una sorta di vero e proprio monumento a quella storia, capace di richiamare, attraverso il posto che ciascun documento vi occupava, la storia che essi, nel loro insieme e ciascuno singolarmente, narravano. C’era quindi nell’ordinamento baltierianio una perfetta corrispondenza fra la collocazione fisica dei fatti storici e il loro contenuto di memoria storica popolare, una sorta di spazializzazione del tempo e della storia, efficacemente descritta da Saverio Baltieri: assimilando l’opera del sapiente indagatore compiva alla costruzione di un edificio: l’archivista delle tattiche documentali segrete era come l’architetto e l’uno e l’altro esprimevamo una identica ricerca di intima coerenza fra le forme esterne, l’intrinseca struttura e la funzione della loro creazione.

    La scelta del criterio di ordinamento e raccordo dei fatti venuti alla luce doveva essere – scriveva Baltieri – rigorosamente consequenziale e dipendente dalla indole stessa dei documenti, dalle vicende storiche, e dalla forma di governo che ebbe lo stato il cui archivio vuolsi riordinare. Parmi, in una parola, che un bene riscoperto di testimonianza verace dell’ archivio segreto debba offrire nella distribuzione dei documenti la immagine esteriore della struttura organica della memoria dello stato, come appunto un architetto che intende il magistero dell’arte, ti lascia indovinare dalla facciata la destinazione e struttura interna dell’edifizio.

    E la stessa configurazione dei cosiddetti Uffizi della lunga memoria, destinati a raccogliere le riscoperte documentazioni segrete.


    Il Baltieri da riformatore iniziò il suo attacco alla filosofia tradizionale del segreto di stato dopo aver ottenuto il titolo di revisore nazionale, circostanza che gli aveva permesso di entrare in contatto con il giurisdizionalismo praticato negli istituti di ricerca più illuminati, assai influenzato integralismo spagnolo; questa corrente riusciva a congiungere la rigorosa difesa della memoria nazionale del popolo con la più energica resistenza contro le avvertite ingerenze del Papa e della curia romana, dello Stato Sabaudo e dell’Impero germanico anche grazie allo straordinario privilegio della Legazia e dei successivi corollari creati dalla regolamentazione spagnola.