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Francesco Franchi

    Esistono diversi livelli evocativi nella firma apposta nel foglio di via, unica traccia di Francesco Franchi arrivata fino a noi.

    Francesco Franchi, olio su tela (150×80 cm), Giuseppe Polegri, 2018.
    Francesco Franchi, olio su tela (150×80 cm), Giuseppe Polegri, 2018.

    2 lastre: PLEXIGLAS® LED for back lighting, White WH14 GT, 150 cm x 80 cm
    Francesco Franchi, firma sospesa, olio su tela (150×80 cm), coperto da 1 lastra: PLEXIGLAS® LED for back lighting, White WH14 GT, 150 cm x 80 cm, Giuseppe Polegri, 2018.

    Ex posed

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    francesco-franchi ex posed

    Contemporary Games of sense and non sense. 2018, Roma.

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    francesco-franchi ex posed

    Galleria Contemporary Research Studies. 2018, Milano.

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    francesco-franchi ex posed

    Galleria Otos. 2018,Modena.

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    francesco-franchi ex posed

    Gallery Rotor v3. 2018,Ferrara.

    Mi nutro di senso

    Tutte quelle cose che nutrono gli occhi hanno sapori modulati dalla significazione e profumano di concetti e simbolicità. Nutrendoci così di segni saporosi soddisfiamo la fame di senso del Mondo.

    Esposto al nascondimento

    Come due “elementi”, un documento storico e un artefatto, possono contribuire a definire una relazione fattiva tra categorie e ambiti diversi del panorama umano? Magari immaginare un nuovo piano prospettico-narrativo del nostro esistere?

    La firma del Franchi è l’unica traccia, modifica materica, della storia di una persona, un pittore, che dal 1854 è giunta fino a noi. Conserva e testimonia un atto di volontà che il pittore consegna alla storia. L’apposizione su di una tela della firma ricerca un’evidenza di cose che non sono di per sé evidenti. La firma assume una funzione di guida verso un regno delle possibilità.

    La “natura reversibile” della firma, ottenuta nel passaggio successivo, dal suo nascondimento per mezzo di una superficie parzialmente opaca, suggerisce uno stato di sospensione. Quando si avverte di poter comprendere il significato, quando cioè si dispone dei dati assiomatici, ci si allontana da ogni definizione che il documento, nella sua superficie, ci narra.

    Sempre uguale nella sua fissità materiale e sempre diverso nella interpretazione che evolve e muta, il combinatorio: documento – firma su tela, è frutto degli enti di grazia che intervengono nella questione, dei valori di riferimento.

    In stretto dialogo con la tela, manufatto esposto a sintesi di risulta, nelle due condizioni di esposizione e di nascondimento, il documento storico segna lo spazio che lo collega alla tela di àncore distribuite a varie profondità.

    Queste, facendo presa sul fondo dell’animo di chi affronta il manufatto, offrono la possibilità di dare un solido aggancio a momenti, ricordi, narrazioni della storia che fluttuano e scorrono come opinioni.

    Dilavano la superficie del concreto ideale, lo modellano e ne danno forme articolate.

    Risulta quindi importante trattenere un animo che sempre fluisce, agli aspetti che evocano il Franchi, sedimentati, segnati, impressi sulla mappa di riferimento, il passaporto.

    E così la firma in primis ma poi anche tutti gli altri segni contenuti, i dati descrittivi, le intestazioni, le note, i timbri e le firme di convalida, svolgono a tutti gli effetti la funzione di àncore di riferimento per muoversi nello spazio profondo che circonda la grande firma espressa sulla tela.

    È prevedibile che del documento storico, il passaporto, si considerino così, di volta in volta, solo alcune proprietà che, ancorandosi allo spirito dell’osservatore, esprimano un percorso storico personale, formalmente originale.

    Tuttavia proprio nelle deduzioni avviene una metamorfosi delle presunte proprietà iniziali della firma del Franchi.

    Prima di assegnare un’incoerenza alla apparente scelta di trattare di una firma proveniente dal passato, ho preferito indagare ad un livello più fecondo, cioè quello delle strutture narrative.

    Un esempio della capacità di un documento storico (testimone sincero, verace, principalmente di sé stesso in quanto reperto materico, navigatore del tempo) di dar voce, sentimenti e carattere a una persona: Francesco Franchi, pittore ventiduenne di Ferrara.

    Per poter apprezzare nella sua potenza evocativa una semplice traccia su un foglio bisogna cercare di riflettere, magari prendendosi tutto il tempo necessario per mettere a fuoco, così da poter immaginare quei residui di un inchiostro di colore terra di Siena, liquido, denso, probabilmente a base di anilina, che in un freddo giorno d’inverno, depositato in un contenitore di piccole dimensioni, è pronto (certo non del tutto ma solo con alcune gocce, che si assesteranno sul breve percorso di un nome e cognome) è pronto a poter essere trasformato, anzi trasfigurato in quella traccia che oggi si presenta davanti a noi, chiara, definita e ferma ancora dopo centosessantasette anni.

    Siamo nel 1854, il 21 gennaio, in una stazione di polizia di frontiera, ai confini tra Ferrara, provincia di confine dello Stato Pontificio, e il grande e potente impero austriaco. Immaginate il funzionario di polizia del K.K., acronimo di Kaiserlich österreichisch, Königlich böhmisch, “imperiale austriaco, reale boemo”, un funzionario militare dell’Impero austriaco che allunga il pennino metallico montato su canna di legno, “la penna”, e il calamaio verso il giovane Franchi. Questi, dopo aver preso la penna, la intinge nel calamaio e con gesto calmo e sicuro segna con la sua firma il documento tanto prezioso per lui. Ecco, fissate questo momento, questo gesto, così carico di tutti i sogni, le speranze, ma anche i timori di un giovane pittore di 22 anni: è qui davanti a noi.

    Poiché tutta la sedimentazione di tracce, residui d’uso, corpuscoli naturali, intesa come epica dell’assorbimento umorale del Mondo, assume un ruolo rilevante, sembra certo che sia la presenza del testimone per eccellenza, cioè il passaporto, a conferire alla firma sulla tela la dimensione di un iconico complesso verosimile, pur iscrivendolo all’interno di una narrazione personale; il movente immaginato per la realizzazione dell’elaborato si inquadra infatti in un punto sospeso nel tempo e nella storia, ossia la speranza che ha dato al Franchi la forza di superare l’“ira di un miserevole presente”, mediante la scommessa su un’abilità, una passione: l’Arte.

    La scrittura del documento, nella distribuzione dei segni negli spazi, coglie l’ordito di un contesto in tutta la sua integralità e pienezza; è a tutti gli effetti una mappa che orienta il viandante della storia nel suo viaggio tra valori e canoni interpretativi di una realtà lontana nel tempo. Infine una riflessione: dove si trova l’Arte in tutto questo?