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Al “gioco del senso e/o non-senso”

    COORDINATE SPAZIO – TEMPORALI

    Libreria “Forum”,

    via Rieti n11,

    dal 17 al 22 giugno 1996

    orario 18.30 – 20.30

    Al “gioco del senso e/o non-senso” possono partecipare tutti.

    Hai un oggetto (o un’immagine o un testo, o qualunque altra cosa), fatto da te o da altri che a tuo parere comunica qualcosa di significativo e che, per qualsiasi motivo, ti piacerebbe far vedere?

    Il “gioco del senso e/o non – senso” ti propone la possibilità di mostrarlo, senza alcuna spesa e per il solo piacere di farlo.

    La raccolta e l’esposizione del materiale avrà luogo a partire dal giorno 17 giugno e durerà per l’intera settimana presso la libreria “Forum” di via Rieti, 11- (orario 18.30 – 20.30).

    Gli oggetti saranno presentati per se stessi, senza alcun titolo e senza l’indicazione del nome di chi li ha proposti.

    Al termine della manifestazione gli oggetti saranno restituiti.

    Per altre informazioni rivolgersi ai numeri ………… (Antonio) o  ………… (Sandro) o  ………… (Marco).

    Invito

    Il gioco e/o le possibilità del…

    Visione simultanea di “oggetti” costituiti dall’associazione di significanti e significati differenti e/o oppositivi.
    Fruizione di un “oggetto” determinato, non irrelato.
    Possibili relazioni dialogiche:

    A) rapporti associativi o oppositivi/differenziali tra gli “oggetti” stessi (un “oggetto” può essere privato di senso da un altro che ne mette in discussione la costituzione ontologica; oppure di un “oggetto” la significazione può essere determinata da un rapporto differenziale – negativo: esso è non ciò che è, ma ciò che non è rispetto agli altri “oggetti”; infine un “oggetto” può essere riconosciuto in un altro per le finalità comuni, proiettandosi nella possibilità di un “rafforzamento” del proprio “senso e/o non – senso”);

    B) possibilità di sintesi tra il dialogo inter – oggettuale e il dialogo inter e intra – individuale attraverso la collocazione e/o fruizione pragmatico – semiotica di un “oggetto”.

    La sintesi è intesa come “attività potenziale” e soggettiva che si può cogliere solo nell'”atto”(oggettivo), il quale esiste solo a condizione dell'”attività”.
    Una sintesi aperta: essa non si “esaurisce” nella collocazione pragmatico – semiotica ma permane “inesauribile”.
    L'”oggetto” quindi è un atto sintetico – pragmatico del tutto “accidentale” e “momentaneo” che rimanda ad una “attività originaria”.
    Il “rimando” (gioco) continuo e reciproco dell'”atto” (in quanto collocazione dell’oggetto) all'”attività” (in quanto fruizione del soggetto) è ciò che determina la possibilità di “fare” “senso e/o non – senso”.
    L'”identità/differenza” di “potenza/atto” si configura come “condizione/gioco” del “senso e/o non – senso”, che viene ad essere continuamente ricostituito, ripristinato, un “senso e/o non – senso” che ogni volta nella propria “identità/differenza” viene rimesso in/nel gioco.

    Possibilità

    Le immagini dell’esposizione


    Nel 1996, l’anno che precede la formazione di Oreste, Pietroiusti, invitato alla XII Esposizione Nazionale Quadriennale di Roma Ultime Generazioni, rompendo ogni protocollo istituzionale, sceglie di condividere la sala a lui destinata con un numero imprecisato di autori: coloro cioè che avrebbero accettato il suo invito a partecipare. L’azione andava a mettere in discussione il principio di autorialità, quanto la struttura stessa della mostra: nel periodo espositivo infatti continuavano ad arrivare opere che si aggiungevano alle precedenti. In catalogo sulla pagina destinata all’artista, oltre al titolo: Senza titolo, 1996, nello spazio riservato alla riproduzione fotografica dell’opera sono riportati i nominativi di alcuni dei partecipanti.

    Aderisce a questa iniziativa, tra gli altri, il collettivo Giochi del senso e/o non-senso, che si era formato a Roma nel giugno del 1996, sebbene il primo nucleo si fosse costituito alla fine del 1995 dall’incontro tra Sergio Caruso, Marco Evangelista, Patrizio Pica, Giuseppe Polegri, Sandro Zaccardini, Antonio Colantoni e Alessio Fransoni, a cui si aggiungono nel tempo Pino Boresta e Lorenzo Busetti.

    Il primo intervento Il gioco del senso e/o non-senso, svoltosi nella romana Libreria Forum, era un invito alla gente a portare in galleria un oggetto, un testo, un’immagine ritenuti significativi.

    Le ragioni del gruppo
    Un percorso tra gruppi, collettivi, sigle,
    comunità nell’arte italiana dal 1945 al 2000

    di Lucilla Meloni
    postmedia books, marzo 2020
    320 pp. 320 ill.
    isbn 9788874902545


    5 – N 55 + Il Gioco del Senso e del Nonsenso e la valorizzazione della varietà Fra marzo e giugno 1995 si è tenuta, a cura del gruppo di giovani artisti di Copenhagen “N 55”, all’interno dell’omonimo spazio da loro gestito, una mostra dal titolo Open Space. La mostra era stata preceduta dalla diffusione via posta, sui giornali, a mano, con locandine etc. di un comunicato di questo tenore: “Dal giorno … lo spazio ‘N 55’ funzionerà come uno spazio aperto per tutte le persone che intendono comunicare attraverso le cose (…). Ognuno è libero di portare qualcosa all’interno dello spazio espositivo, che sarà aperto al pubblico. Gli organizzatori si occuperanno dei problemi tecnici relativi all’installazione. Alla fine della mostra gli oggetti saranno restituiti. Nello spazio espositivo sarà aggiornata la documentazione relativa ai nuovi prestiti (…)”. Una quarantina di persone raccolsero l’invito e portarono testi, oggetti, video.

    Nella primavera del 1996 un gruppo di artisti romani ha organizzato, con modalità molto simili a quelle di Copenhagen, una mostra dal titolo Gioco del senso e/o non-senso. In questo caso la richiesta era formulata così: “C’è qualcosa che tu possiedi (oggetto, manufatto, messaggio, etc.) che, per qualsiasi motivo, ritieni significativo e che ti interessa far vedere ad altri? Il Gioco del senso e/o non-senso ti dà questa possibilità, senza alcuna spesa e per il solo piacere di farlo”. La mostra si tenne, per una sola settimana, nei locali della libreria “Forum” a Roma, e raccolse progressivamente una settantina di oggetti più svariati: testi, poesie, una bambola, fotografie, dipinti e disegni, manufatti di varia origine, utensili, un portacenere kitsch, un barattolo di ciliegie sotto spirito, alcuni libri, documentazioni di lavori d’arte, una vecchia tessera del P.C.I., finanche un motorino (accompagnato da un foglio che diceva: “l’arte risolve i problemi di parcheggio”) etc. Nelle due operazioni appena descritte l’accento è messo sulla comunicazione (Copenhagen) e sulla significatività (Roma), quindi su istanze estremamente simili. In entrambi i casi però, la multiformità delle risposte, che ovviamente spaziano dalla sfera personale alla boutade, fa sì che il livello di appercezione della comunicazione e del suo senso risulti spesso al di là della soglia della comprensibilità. Prese individualmente, le cose esposte comunicano poco e non si capisce perché siano “significative”. L’interesse delle due operazioni sta quindi, essenzialmente, nell’indicazione di quanto possa essere estesa la varietà delle risposte a tali quesiti, e nella valorizzazione della stessa varietà, come fonte potenziale di altre riflessioni, di altre storie, di altre domande.


    Prendere alla lettera il discorso dell’altro
    pp. 102-103
    Cesare Pietroiusti