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L’arte vuole usarvi, non glielo permettete

    “L’Arte vuole usarti per esplorare alcune delle cose che… “

    Naturalmente, la memoria associativa e l’istinto giocano un ruolo importante nell’implementazione di una determinata convinzione cospiratoria nelle piattaforme mediatiche. Anche i segnali ambigui o inaspettati possono innescare nel nostro cervello una cascata di risposte che attivano il nostro sistema di allarme profondamente radicato.

    Il sistema sempre più globale della condivisione di informazioni comporta un aumento di attenzione agli stimoli nei quali si è immersi. Attenzione alle trame di feedback più o meno complesse che sollecita risposte immediate e sempre all’altezza, una attenzione iper-attiva alle superfici cangianti del magma della comunicazione.

    La propagazione dei segnali in input e output quasi sempre si diffonde per superfici bidimensionali ma narrandosi come completa, agente nella totalità dello spazio tempo.

    Nel sistema della comunicazione, dove risulta preminente la comunicazione visiva, ad esempio nella espressione artistica, si intensifica lo stimolo ad una necessità di produzione e riproduzione che implica il porre continuamente al centro il proprio vissuto, meglio se contemporaneo, aggiornato alle tendenze, ma anche in perenne ansia del confronto, del giudizio.

    Stimolo + Azione – Risposta = 0

    La reazione continua agli stimoli si esprime con un’intensità crescente, dovuta anche a un senso di gratificazione mai appagante ma sempre ricercato, un desiderato riconoscimento del proprio valore espressivo.

    Si avvia una rincorsa alla definizione della propria narrazione che comporta strategie sempre più performanti, un impegno cognitivo orientato a dipanare feedback complessi, diversificati e, spesso, ambigui.

    La crescente distonia si risolve con provvisorie rimozioni di alcuni scenari, con l’isolamento o con l’affidarsi a modelli di riferimento scelti spesso in emergenza e in una condizione di prostrazione emotiva.

    Emerge così uno stato di continua allerta che interpreta le sollecitazioni, dirette e indirette, del sistema attraverso una serie di connessioni, spesso forzate ma, nella contingenza, necessarie a costruire uno scenario che possa essere interpretabile, dal quale ci si possa difendere. A questo proposito i modelli di riferimento diventano tali anche perché offrono soluzioni a portata di mano, espedienti che premiano un istinto logorato dalle aggressioni di un percepito moto perpetuo di stimoli ambigui, sollecitazioni complesse, novità incomprensibili. Viene così a rinnovarsi quel circuito di feedback positivo, incalzante e mai risolutivo, che gratifica e aumenta la sicurezza in sé stesso e nella propria rappresentazione al mondo, particolarmente quando tale feedback diventa la principale fonte di scambio sociale.

    L’istinto come strumento primario per risolvere condizioni emergenziali può portare a comportamenti paranoici deliranti. Interpretazioni nelle quali si è al centro di una macchinazione, di un complotto che va combattuto e stroncato. Nascono così teorie che vengono rapidamente condivise, guidate con sapienza da chi ne ricerca un tornaconto. Gabbie nelle quali viene irretito paradossalmente chi è in cerca di una via di fuga.

    C’è un bisogno di emotività diretta, incarnata, che consenta un feedback negativo, generatore di equilibrio che mantenga uno stato di omeostasi, in risposta al feedback positivo del circuito progressivo delle gratificazioni, sollecitate, alimentate da una modellazione della competizione finalizzata allo stato di dipendenza dal sistema.

    L’arte vuole usarvi

    Il prototipo conservativo per fissare provvisori nodi cardinali

    Nel tentaivo di fissare provvisori nodi cardinali, a supporto di pratiche omeostatiche, il prototipo conservativo, così come esposto, potrebbe apparire molto lontano dall’insoluto dilemma tra manipolazione ideologica e adattamento al comune sentire, alla doxa, in cui sono rimasti coinvolti i manufatti che rappresentano, che sono un tramite verso un qualcosa ma anche che assumono funzione di psicopompo, che accompagna verso qualcosa. L’esperienza della visita attraverso l’elemento figurale, formale o informale che aiuti ad percepire, paragonabile al modo persuasivo del rituale del riconoscimento, dell’immedesimazione, che come anche nei rituali religiosi, offre una prospettiva trasduttiva, dove l’attenzione costruisce un narrato causale attraverso libere associazioni.

    In uno spazio delimitato, dove al particolare viene riservato un tipo speciale di attenzione, il coinvolgimento dell’osservatore, tenderà a una delimitazione dell’inferenza culturale.

    Contemplazione, riflessione, empatia, incomprensione, cesura, trasformano lo spettatore in attore del tempo e dello spazio. Uno spazio stra-ordinario, fuori dal comune. L’individuo è collocato su una soglia; il prototipo conservativo. Alle spalle il definito, il derubricato e di fronte il possibile, uno spazio liminale attivo.

    In mancanza di quella soglia si perderebbe la spazialità della narrazione che facciamo del mondo per una coazione ad espungere e ad includere senza soluzione di continuità in un eterno indicibile.

    Il prototipo conservativo quindi come pratica transculturale può trarre spunti dal concetto di percettibilità di un conoscere, di uno scoprire; pratica socialmente opportuna e salvifica, disposizione orientante.

    Condurre una ricerca in uno spazio incommensurabile, che continua ad apportare cambiamenti logici e fenomenici, eidetici, richiede l’adozione di un approccio specifico per la messa in forma di una proposta, come quella della mappatura visiva connettiva. Proposta che tenga conto del contesto sempre mutevole, dello sviluppo di una messa in forma che si fonda su una ricognizione interpretativa.

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    Di cosa stiamo parlando?

    Dell’identificazione con la parola “Arte” di una categoria che, attraverso un confronto con dei suoi presunti effetti, richiede la nostra attenzione:

    L’arte vuole usarvi, non glielo permettete

    vuole essere una provocazione, intesa nella sua accezione giuridica, una “chiamata in giudizio”.

    Descrivere l’Arte come un’entità reificata, animata e senziente, come una figura demiurgica che può disporre e decidere a chi offrire strumenti di affrancamento là dove il senso della vita viene a mancare, un’entità agente che promette libertà espressiva, è una macchina scenica dal portato retorico che, nel suo momento evocativo, dichiarativo, in quanto si mostra esponendo quei vocaboli, quelle parole che dichiarano una relazione necessaria con una oggettività finalizzante, esprime, si mette in moto, soddisfa la sua predisposizione alla indiscussa affermazione di entità reale e condivisa. Viene così ad essere attraverso l’evocazione di un avvertimento, di una chiamata in giudizio. L’Arte nasce infine nel nostro rispondere alla chiamata, si concretizza e quindi si invera.

    Una riflessione potrebbe essere se tale libertà espressiva non sia invece il risultato di una narrazione nella quale siamo profondamente calati e che leggiamo come tale per una necessità contingente, una soluzione alla complessità dell’essere. Coinvolti in questa macchina scenica, questa rappresentazione che si invera là dove viene condivisa, si sostituisce nel nostro immaginario alla realtà del vissuto incarnato, al vissuto biologico del continuo divenire. Ne sublima le prospettive ma di questo chiede conto. Detta le regole della sua contingenza, regole da rispettare per garantirsi le sue grazie, necessarie per sottrarsi all’imparziale natura. Al vissuto non oggettivabile.

    Sviluppo della messa in forma

    Mentre un metodo come l’analisi del contenuto è in grado di affrontare le rappresentazioni, l’aggiunta della mappatura del prototipo conservativo visiva fornisce approfondimenti connettivi sul non detto.

    Il metodo non riconosce pratiche tecnologiche nella messa in forma, come tracce ricorsive particolare “linguaggio” dell’attore. Sebbene il prototipo conservativo presenti una serie di sfide per i ricercatori, come l’accesso ai nodi cardinali, sono necessarie ulteriori ripartizioni gnoseologiche trasparenti, traslucide, liberatrici di luce, necessarie per sviluppare approcci innovativi che possano essere applicati al prototipo conservativo.

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    Art wants to use you, don’t let it!

    “The Art  want to use you to explore some of the things we … “. Of course, associative memory and  ‘gut feeling’.play a major role in the implementation a given conspiratorial belief in to media platforms. Ambiguous or unexpected signals also can set off a cascade of responses in our brains that activate our deeply embedded alarm system.